Carlà alza la polemica con il Presidente del Consiglio Comunale che ribatte duramente: "Non conosce il regolamento"


Lorenzo Banchi - Presidente del Consiglio Comunale di Vicchio

Riceviamo e pubblichiamo la nota del Presidente del Consiglio comunale di Vicchio Lorenzo Banchi, che risponde alle accuse di Filippo Carlà Campa diffuse su Il Filo del Mugello (qui l'articolo). Carlà ha accusato Banchi di avergli negato la parola ed aver consentito la discussione di fatti privati in Consiglio Comunale. Di contro Banchi chiede al consigliere di minoranza di studiare bene il regolamento (approvato anche da Carla ndr) invece di inscenare plateali proteste.

Risulta in ogni caso curioso come Carlà chieda “pluralità” e “diritto di critica”, (sebbene ricordiamolo a discapito di un regolamento chiaro) scordandosi come sia stato il primo a dare patenti di legittimità a cittadini che scrivono o scrivevano il dissenso nei suoi confronti. Noi di Devurbe ci ricordiamo bene il trattamento riservatoci in questi anni, escludendo volutamente il nostro sito dal dibattito politico. Le accuse che muove Carlà, come spesso accade, sembrano essere rivolte più a se stesso che al malcapitato di turno.

Di seguito la nota del Presidente del Consiglio Comunale Banchi:

  

Mi reputo una persona mite. Per questo motivo non mi piace infierire quando riscontro l’errore di un’altra persona e non me l’ero sentita di calcare la mano e raccontare l’imbarazzante teatrino avvenuto mercoledì sera.
Pensavo (e speravo) che il sonno avesse portato più miti consigli al collega dell’opposizione, avrei risparmiato volentieri al paese il copione ma, puntuale come le tasse, è arrivata la stoccata dell ex sindaco. Vedendomi chiamato in causa, per quanto mite, mi trovo costretto a rispondere. Mi è capitato, non di rado, di essere in disaccordo con l’ex sindaco. E anche stavolta non mi sono smentito. Fare opposizione non è un ruolo leggero: l’ho ricoperto per cinque anni insieme al mio ex capogruppo Salsetta. Non eravamo certo comodi, ma una cosa la facevamo senza paura di esser smentiti: ci studiavamo il regolamento del consiglio comunale. Perché se conosci le regole sai come puoi essere incisivo. Mercoledì il gruppo di cui faccio parte ha presentato un’interrogazione al sindaco (quello in carica) in merito alle dichiarazioni di Cirri comparse sulla stampa. Il collega Giannelli ha chiesto se quelle dichiarazioni , corredate sulla stampa da messaggi con l’ex sindaco, avessero o potessero avere un impatto sulle casse comunali, se il sindaco fosse informato e se la procedura seguita risultasse corretta per quanto di sua competenza. Giannelli non ha parlato del tono dei messaggi, non li ha letti, non ha espresso giudizi sull’articolo, su Cirri e su quanto veniva riportato lì dentro. Una domanda chiara, rivolta al sindaco in carica come previsto. Punto.
 Il sindaco ha risposto con tono neutro, senza commenti, senza citazioni, limitandosi a dire ciò che sapeva. A quel punto, l’ex sindaco ha chiesto la parola per fatto personale. Fatto personale? Sapevo che l’argomento era delicato e mi ero preparato consultando l’articolo 21 del regolamento. Cito: “È fatto personale la censura alla propria condotta, il sentirsi attribuire frasi non vere o opinioni offensive non espresse.” Nulla di tutto questo è avvenuto. L’interrogazione riguardava l’ente, non la persona. Ma il regolamento (per fortuna!) tutela il consiglio anche dal pericolo che il presidente si senta Napoleone (e non sono nato in Corsica e non parlo francese); qualora ci sia una disputa tra presidente e consigliere su un fatto personale, decide il consiglio, con votazione palese e senza discussione. Io non vedevo ( per quanto detto prima) gli estremi per concedere la parola. Il consigliere ha cominciato a ripetere che non volevo farlo parlare, come un disco rotto, come uno slogan. Io, lo ammetto, ho il difetto di non riuscire a stare zitto. Come direbbe qualcuno, sono una “moschina” che ogni tanto dà fastidio, che “dà il calcetto che può “. L’ho invitato a chiedere la votazione, com’è previsto. Ma niente. Nessuna richiesta. Nessun atto. E allora: o non conosce il regolamento, oppure fa finta di non conoscerlo. In entrambi i casi Vicchio, abbiamo un problema! Poi il gesto teatrale: l’uscita dall’aula. Un secondo “Aventino vicchiese”, secondo perché in un anno è la seconda volta che succede. Ed è un peccato. È un peccato non solo per il suo gruppo politico, ma per la Politica, quella vera. Perché mentre uscendo pensava di protestare, il consiglio approvava un atto importante a sostegno della Palestina. Un atto dal forte valore simbolico, perché in politica i simboli sono importanti. E qui la domanda è inevitabile: un dissing (per dare un tono fresco e giovane) con me vale più del massacro di un popolo? Dai, non scherziamo! Io non prendo le cose alla leggera. Studio, mi preparo, e accetto che si possa interpretare un regolamento in modo diverso dal mio. Ma quando si comincia a parlare di censura e “bavaglio”, mentre si ignorano i regolamenti allora siamo fuori strada. Si è erto a campione di pluralismo, tuttavia ricordo quando in passato paragonava a una moschina l’opposizione. Vedete, non sono qui per cercare rivincite o rivalse. Il mio ruolo è quello di garantire lo svolgimento più corretto possibile, consapevole che si può anche esser in disaccordo ma nessuno riferendosi alla mia gestione finora può permettersi di parlare di mala fede. Carlà ha abbandonato l’aula (virtuale dato che era in collegamento ) denunciando un clima politico avvelenato e privo di rispetto parlando di bavaglio e esortando la democrazia. Quelle frasi a effetto pubblicate sulla chat del consiglio comunale online non sono convincenti e ,lo dico in tutta onestà, credo (e guardate, onestamente spero) che nemmeno lui ci creda davvero.
Detto questo per me la questione finisce qui, sono pronto a accogliere nuovamente in consiglio comunale il consigliere Carlà tendendo la mano auspicando di vederlo in presenza nell’aula più importante della nostra politica locale. Questo ve lo dovevo. Sempre con la massima chiarezza possibile

 Lorenzo Banchi

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